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Caso Morgante, l’avvocato Domenico Musicco intervistato dal settimanale Visto

Tutti i retroscena e le conseguenze del caso di Giuseppe Morgante, sfregiato con l’acido dalla sua ex Sara Del Mastro nella lunga intervista che l’avvocato Domenico Musicco, presidente di Avisl, ha rilasciato al settimanale Visto

 

 

Hanno sottovalutato tutti la mia vicenda perché io sono un uomo, grande e grosso, e lei una donna. Me lo aspettavo che la pena sarebbe stata più bassa del previsto, ne sono amareggiato». Giuseppe Morgante, 31 anni, è una vittima dell’acido, sfregiato in viso senza pietà dalla sua ex Sara Del Mastro, 38 anni. Un volto rovinato, un’identità distrutta per l’operaio di Legnano che nel maggio 2019 è stato aggredito dalla donna che non accettava la fine della loro relazione.

Nei giorni scorsi il Tribunale di Busto Arsizio ha condannato la Del Mastro a 7 anni e 10 mesi di carcere (più due di libertà condizionata), una pena inferiore rispetto a reati analoghi, in cui a essere vittime di questa orrenda violenza erano le donne. Eppure la gravità del gesto, e le sue conseguenze, non cambiano, indipendentemente dal sesso.

«Il pm non le ha contestato l’aggravante della premeditazione, cosa che trovo inconcepibile», ha spiegato l’avvocato di Giuseppe, Domenico Musicco, «la Del Mastro ha confessato di aver comperato l’acido il giorno prima, ditemi chi va in giro in auto con l’acido sotto il sedile», ha aggiunto.

Avvocato Musicco, perché la pena per chi ha sfregiato Morgante è stata così bassa rispetto a casi tristemente simili ma che hanno riguardato vittime donne?

«È quello che non riusciamo ancora a capire. A me pare incredibile la mancata contestazione della premeditazione, i fatti erano chiari: la Del Mastro si era procurata l’acido il giorno prima. Lo ha confessato al giudice e nella perizia psichiatrica, che l’ha dichiarata pienamente capace di intendere e di volere, ma la premeditazione non è stata presa in considerazione. Ho chiesto pure che il reato venisse punito come nei casi di Gessica Notaro o di Lucia Annibali, con una pena di 15 anni, ma senza le contestazioni delle aggravanti la pena è stata inevitabilmente più bassa. Inoltre, non è stato contestato il tentato omicidio».

Giuseppe è un uomo, forte e muscoloso, non ha il “fisico della vittima debole. Forse è questo il vero punto in discussione?

«Di fatto quando la vittima è un uomo, le pene comminate si sono sempre rivelate molto più basse rispetto a identici episodi in cui le vittime erano donne. A me pare oggettivamente una cosa assurda. Penso che di fronte alla legge si debba essere tutti uguali e decidere in modo razionale e non emotivo. La pena può essere un grande segnale della presenza dello Stato e della tutela del cittadino, uomo o donna che sia. Tra l’altro, la funzione rieducativa della pena sta proprio nel far comprendere al colpevole la gravità del reato commesso. Una pena lieve o svalutata non aiuta né la vittima, né il responsabile della violenza e non è giustizia. La certezza della pena non deve essere uno slogan. Il giustizialismo è contrario alla giustizia e al mio modo di vedere, tanto che, dopo essermi opposto in una memoria al patteggiamento ad appena cinque anni che la Procura aveva già accettato, opposizione accolta dal gip, non ho manifestato contrarietà all’ipotesi di una perizia psichiatrica nei confronti dell’imputata. Ma la De Mastro è stata riconosciuta capace di intendere e di volere. Dunque non si comprende, a maggior ragione, la mancanza di contestazioni di una serie di aggravanti lampanti e del tentato omicidio. Eppure una pena corretta e proporzionata alla gravità dell’azione commessa è ciò che il cittadino si aspetta da uno Stato civile».

Quanto ha speso finora Morgante in cure mediche?

«Molto, anche se non saprei quantificare. Giuseppe ha subito più di dieci operazioni. Dovrà affrontare altri interventi e non ha aiuti economici. Il problema riguarda anche gli interventi chirurgici: non si sa fino a quando saranno coperti dal sistema sanitario nazionale. Siamo in una situazione di totale incertezza».

Che futuro avrà?

«In questo momento è anche senza stipendio e non sappiamo se la provvisionale, vale a dire la somma di denaro liquidata dal giudice in favore della parte danneggiata come anticipo sull’importo integrale che le spetterà in via definitiva, riuscirà mai a ottenerla. Peraltro, anche qui, si tratta di una provvisionale enormemente più bassa di quella concessa a vittime donne dello stesso reato. Di certo chiederemo i danni allo Stato che non l’ha protetto, nonostante le denunce presentate. E, anche attraverso l’associazione Avisl Onlus, che presiedo, chiederò di introdurre in Italia l’istituzione di un fondo di garanzia per le vittime dei reati violenti. Esiste, in questo senso, una direttiva dell’Unione Europea che obbliga lo Stato a risarcire le vittime nel caso in cui l’aggressore non possa farlo. L’Italia si è adeguata dopo molti anni istituendo una legge apposita, ma gli indennizzi riconosciuti sono ridicoli, e per accedervi bisogna avere un reddito familiare davvero molto basso. Una situazione surreale. I prossimi passi da fare verso una giustizia giusta saranno quelli di far nascere un vero fondo per le vittime. E la politica dovrà darci una risposta, anche perché la parte civile non può proporre appello. Ma la battaglia culturale e nei tribunali è ancora lunga e la porteremo avanti fino alla fine».

In generale, è vero che l’uomo che subisce violenza si vergogna di denunciare oppure ci può essere la paura di reagire perché sa che, se dovesse rispondere allo schiaffo di una donna, sarebbe condannato per violenze e nessun giudice crederebbe alla sua versione?

«Spesso culturalmente l’uomo non se la sente di denunciare e capita che le sue denunce non siano credute dagli organi di polizia giudiziaria e dai giudici. Il caso di Giuseppe Morgante è emblematico. Ha denunciato e non è stato creduto. Le prime due denunce non sono state nemmeno raccolte e solo l’ultima è stata protocollata, ma senza alcun seguito».

Avvocato Musicco, secondo uno studio del 2012 condotto dall’Università di Siena in Italia ci sarebbero più di 5 milioni di uomini, di età compresa tra i 18 ed i 70 anni, vittime di violenze da parte di donne, perlopiù mogli, compagne e fidanzate. Possibile che siano così tanti gli uomini vittime dei maltrattamenti da parte delle donne?

«Cinque milioni di vittime di violenza in un anno è un dato impressionante ma credibile: i casi di violenza e atti persecutori sugli uomini sono un fenomeno nascosto, di cui si parla meno rispetto ai casi di violenza sulle donne. Gli uomini sono più spesso oggetto di forme più sottili di violenza, in particolare psicologica, che in ogni caso non è da sottovalutare, perché può portare ad atti di autolesionismo se non addirittura al suicidio».

Luigi Nocenti per il settimanale Visto

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