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CASO ARENA PO: “MORIRE SUL LAVORO È INDEGNO DI UN PAESE CIVILE”

“I numeri parlano chiaro, e fanno paura. Gli infortuni mortali denunciati all’Inail da gennaio ad agosto 2019 sono stati 1.046, +9,9% (94 unità) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per quanto attiene alle denunce di infortunio sono state 592.571, in aumento dello 0,5% rispetto all’analogo periodo del 2018. I dati evidenziano un incremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 501.274 a 502.093 (+0,2%), sia di quelli in itinere, avvenuti cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, che hanno fatto registrare un incremento pari al 2,6%, da 88.209 a 90.478. La Sicurezza sul Lavoro è un bene di tutti. Rispettiamo le istituzioni che se ne fanno portatrici, come stimiamo le Associazioni e i Sindacati che si fanno rappresentanti degli attori che la promuovono in un sempre più complesso mondo del lavoro, ma occorre che nelle sedi governative vi sia una maggiore attenzione. È questo il motivo che ci spinge a lavorare con il nuovo esecutivo per imbastire da subito nuove norme che dovranno essere approvate al più presto. Non si può morire di lavoro, non è degno di una Paese civile”.

Si sofferma su questi dati e al tempo stesso lancia un appello l’avvocato Domenico Musicco, presidente della Onlus Avisl (Associazione Vittime Incidenti Stradali e sul Lavoro) per parlare di quanto accaduto ad Arena Po, dove sono morte quattro persone di nazionalità indiana: due fratelli, di 48 e 45 anni, che da più di cinque anni avevano rilevato l’impresa, e due loro dipendenti, di 29 e 28 anni.

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