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STRAGE DI MOTTA VISCONTI, IL GIUDICE: “FEROCE ANNIENTAMENTO”

Per tre volte ha impugnato l’arma contro sua moglie Maria Cristina Omes, poi ha accoltellato alla gola la figlia Giulia di 5 anni e il piccolo Gabriele di soli 20 mesi, in un crescendo criminale, “senza esitazione” che ha portato “al feroce annientamento, uno alla volta, dei suoi legami di sangue più forti”.

E’ questa la descrizione della strage di Motta Visconti (Milano) nelle motivazioni del giudice dell’udienza preliminare di Pavia Luisella Perulli rese pubbliche a cinque mesi dalla sentenza.

Un triplice delitto per il quale Carlo Lissi, 33 anni, è stato condannato all’ergastolo, al termine di un processo con rito abbreviato. Un massacro avvenuto nella villetta di famiglia in via Ungaretti, il 14 giugno 2014, esattamente due anni fa. L’uomo agì con premeditazione: prima usò il grosso coltello da cucina contro la donna seduta sul divano, poi salì al piano di sopra e fece lo stesso con i suoi bambini che dormivano.

Uccise, uscì con gli amici per guardare la partita Italia-Inghilterra dei Mondiali di calcio in Brasile, poi simulò una rapina. Nessun vero pentimento per chi è stato riconosciuto “pienamente capace di intendere e volere”, più versioni difensive durante il processo non lo hanno salvato da una condanna al carcere a vita per un delitto aggravato dalla minorata difesa delle vittime: colti nel sonno e inermi i due bimbi, di sorpresa e senza possibilità di difendersi o chiedere aiuto la moglie.

Nella sua furia omicida Lissi è partito dall’aggressione della moglie “fino all’annientamento completo” ossia all’uccisione dei due bambini, Giulia e Gabriele, “vittime del tutto ‘evitabili’ e invece ciascuna specificatamente oggetto di apposita deliberazione criminosa, quasi chirurgica nella sua freddezza e spietatezza”, scrive il gup. Piccoli indifesi “a cui sarebbe stato invece naturale garantire una intangibilità assoluta” e invece “traditi nel sonno dalla mano del proprio padre”, si legge nelle motivazioni di 51 pagine.

Un delitto il cui movente appare la necessità di Carlo Lissi “di ‘liberarsi di tutto e di tutti’ una volta acquisita la consapevolezza di ‘aver sbagliato tutto nella vita’ dopo aver conosciuto una giovane collega, suo malgrado inconsapevole detonatore di una del tutto imprevedibile strage familiare”. Pesa sulla condanna “la gravità quasi inaccettabile dell’annientamento, del tradimento dei propri figli da parte del padre, oltre della moglie da parte del marito” e “l’impressionante pervicacia” con cui ha agito “contro i suoi cari”.

A dire del giudice di primo grado appare comprovata la “piena, cosciente e volontaria connotazione psicologica che per tre volte ha armato la mano dell’imputato e per tre volte, senza esitazione, ha portato al feroce annientamento, uno alla volta, dei suoi legami di sangue più forti”.

Per il legale di parte civile, Domenico Musicco, le motivazioni “rendono giustizia alle vittime perché evidenziano la personalità distorta, l’assenza di pentimento di Carlo Lissi per cui non è stato concesso nessuno sconto di pena”. In un caso come questo, “stiamo parlando della morte di una donna e di due bambini – sottolinea – non bisogna essere indulgenti con chi ha commesso il crimine”. Il colpevole “va recuperato quando possibile, ma bisogna garantire il principio della certezza della pena. Non sono per il giustizialismo, ma non bisogna neanche dimenticare quali sono le vere vittime”.

Il legale ricorda “l’assenza di pietà nei confronti dei piccoli, visti solo come un ostacolo, uccisi dal padre di cui si fidavano. Un uomo disposto a tutto pur di soddisfare il suo egoismo”. La condanna all’ergastolo al termine di un processo con rito abbreviato “è un segnale importante in tempi di femminicidio e di sconti di pena. Questo caso è diventato un simbolo della violenza contro le donne e i più deboli”.

Fonte: adnkronos.com

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